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Si tratta di un uomo di circa 60 anni, che dopo una settimana di ricovero è già tornato a casa in perfette condizioni: le statistiche, invece, dicono che in Italia solo l'8% dei pazienti sopravvive ad un arresto cardiaco senza esiti neurologici gravi o disabilità. .
L'idea di utilizzare l'Argon per trattare i pazienti in arresto cardiaco è oggetto di studi scientifici dal 2012 ed è nata grazie a Giuseppe Ristagno, anestesista del Dipartimento di Anestesia-Rianimazione e Pronto Soccorso diretto da Antonio Pesenti, che ha lavorato anche con l'Istituto Mario Negri da qualche tempo.
Ristagno ha sviluppato le prime intuizioni sull'Argon insieme a Silvio Garattini e Roberto Latini della Mario Negri e ha avviato esperimenti sugli animali, in cui sono già stati dimostrati diversi risultati molto promettenti.
Ora, dopo 10 anni di ricerca scientifica, è stato finalmente possibile avviare la sperimentazione sull'uomo: e i primi dati sembrano già confermare la validità dell'idea.
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«Dopo un arresto cardiaco - spiega Giuseppe Ristagno, che è anche professore associato di Anestesia all'Università Statale di Milano - si verifica una grave mancanza di ossigeno che, tra l'altro, mette in pericolo i nostri neuroni, mandandoli immediatamente in sofferenza.
Nei nostri studi su modelli animali abbiamo visto che il tasso di mortalità dopo arresto cardiaco era del 70%; trattando i soggetti con gas Argon, invece, le percentuali si sono invertite: il 70% degli animali è sopravvissuto, e con completo recupero neurologico.
Anche per questo motivo è di straordinaria importanza l'avvio della sperimentazione dell'Argon sull'uomo: se confermata, questa nuova tecnica ha il potenziale per rivoluzionare il trattamento e l'esito dell'arresto cardiaco'.
Il nome Argon deriva dalla parola greca 'argos' che significa pigro: è infatti un gas inerte, cioè è estremamente stabile e reagisce controvoglia con altri elementi chimici
Costituisce quasi l'1% della nostra atmosfera: è quindi molto abbondante in natura ed estremamente economico da utilizzare.
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'Si è scoperto', continua Ristagno, 'che questo gas ha infatti un'azione diretta sulle membrane dei mitocondri, che sono le 'centrali energetiche' di tutte le nostre cellule.
Quando c'è carenza di ossigeno, i mitocondri dei neuroni sono i primi a soffrirne, portando successivamente alla morte delle cellule che li contengono.
L'argon, invece, sembra rendere i mitocondri più resistenti alle carenze temporanee di ossigeno: in pratica protegge i neuroni e fa loro guadagnare tempo prezioso, affinché possano superare il più indenni possibile le conseguenze dell'arresto cardiaco'.
Quello dello studio appena iniziato al Policlinico di Milano è una Fase I-II: sono quattro le fasi per l'autorizzazione di una nuova terapia, e normalmente durano diverse anni insieme.
Nei prossimi mesi gli esperti utilizzeranno questo gas su 50 pazienti ben selezionati, per dimostrare la fattibilità di questo trattamento innovativo e per studiarne l'efficacia.
"L'idea è quella di proseguire lo studio anche in collaborazione con altre strutture, per accelerare il reclutamento dei pazienti e verificare l'efficacia di questa terapia: ci aspettiamo sull'uomo un miglioramento del recupero neurologico fino al 40%, rispetto ai pazienti non trattati.
'Il nostro compito è portare la ricerca di base al capezzale dei pazienti' - conclude Ezio Belleri, direttore generale del Policlinico di Milano - e questo studio lo dimostra davvero.